domenica 9 ottobre 2011

Partiti? una riflessione provocatoria. Incontro il 13 ottobre

Riportiamo di seguito il contributo di Alessandro Volpi al ciclo di dibattiti che le associazioni Briciole e L’Incontro vogliono dedicare a un nuovo lessico della politica. Ci vediamo a Massa, nelle sede di Briciole (via Cervara 115), il giovedì alle ore 21: primo appuntamento il 13 ottobre (relatore Alessandro Volpi), secondo appuntamento il 20 ottobre (relatore il professor Alberto Vannucci). Seguiranno nelle settimane successive alcune tavole rotonde in cui interverranno diverse voci e diverse esperienze dalla realtà locale.

"Le forme della politica hanno conosciuto nel corso degli ultimi anni, in Italia, un processo di frammentazione. In particolare da tale disarticolazione sono stati colpiti soprattutto i partiti, che hanno progressivamente subito un indebolimento sia della loro legittimazione diffusa sia della loro capacità di organizzare e veicolare il consenso secondo i modelli più tradizionali del Novecento.
Di fronte a tali fenomeni le formazioni partitiche, sia pur con molteplici differenze, hanno posto in essere strategie di “conservazione” che hanno visto significative riformulazioni programmatiche senza una cosciente fase costituente capace di rendere simili riscritture patrimonio realmente condiviso di nuove militanze, meno fidelizzate e più coscienti. Hanno definito nuove strutture aggregative, dal partito leggero, al partito azienda, al partito marketing, al partito personale, che non sono riuscite tuttavia a riqualificare e rivitalizzare la sostanza dei partiti stessi.
Uno degli elementi più visibili di questo panorama è stata la territorializzazione dei partiti-corrente, che hanno assunto i caratteri della sede di coesistenza di tante tipologie diverse dello stesso partito distinte proprio in base ai territori di riferimento. In un paese nel quale il senso dell’appartenenza e della coscienza civica nazionale è molto debole un simile fenomeno è stato tanto semplice da attuarsi quanto pericoloso, producendo una lunga sequela di piccole patrie politiche, rispetto alle quali la sintesi centrale non era altro che una rappresentazione filologica nelle liste elettorali bloccate.
Ma questo tipo di partiti sono ancora utili alla democrazia parlamentare o non sono già un coacervo di liste e listini territoriali che si reggono su rapporti di forza molto artificiali dove il rapporto centro-territori tende a prescindere da una reale dialettica democratica? Non sarebbe più opportuno cominciare a pensare, forse, a strutture politiche che abbiano i tratti della comunità associata, realmente federata, di tanti soggetti espressione del territorio nell’ambito di una riconsiderazione vera della stessa fisionomia di uno Stato che sia concretamente federalista?
In tale ottica il civismo, la buona amministrazione, il bene comune possono rappresentare la materia prima su cui costruire le appartenenze politiche più generali, a destra come a sinistra, perché una democrazia matura e cosciente ha bisogno di una maturità democratica di tutte le forze che la compongono. I partiti sono stati efficaci – nel bene e nel male - nell’ambito di una democrazia dai caratteri molto centralizzati, dove la spesa e l’indebitamento pubblico sono possibili in misura estesa e dove le appartenenze ideologiche hanno la capacità di svolgere le funzioni della coesione universalistica di prospettive parziali. Oggi quel modello di Stato è ancora possibile? È ancora sostenibile? O serve una ricostruzione delle architetture istituzionali che parta dal civismo, dall’amministrazione, dalla fiscalità e dalla spesa locale che devono trovare in un sistema federale con una Camera dei territori il luogo dove normare i meccanismi dell’equità, della redistribuzione e della perequazione?
Si tratta, è chiaro, di domande provocatorie e forse un po’ imbarazzanti ma che un paese con un debito colossale, a rischio fallimento, con una crisi di fiducia tanto profonda e con una sclerosi produttiva e culturale tanto avanzata dovrebbe porsi". (Alessandro Volpi)

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